L’IMU sugli immobili “strumentali”: la sentenza n. 262/2020 della Corte Costituzionale.

La pubblicazione della pronuncia consente ulteriori riflessioni rispetto a quanto già evidenziato in relazione al “comunicato stampa” del 19.11.2020.

Con la sentenza n. 262/2020, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 4.12.2020, la Corte Costituzionale, in relazione all’IMU del periodo 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, co. 1 del D.Lgs. n. 23/2011 (nell’originaria stesura) nella parte in cui dispone che “anche per gli immobili strumentali l’IMU è indeducibile dalle imposte sui redditi d’impresa.

Quindi, è stata accolta la questione con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Milano sospettava la violazione da parte del citato art. 14 dei parametri di cui agli artt. 3/41/53 Cost, evidenziandone la decisività nel giudizio promosso da una società di capitali operante nel settore immobiliare che aveva pagato il tributo locale su alcuni beni strumentali senza poterlo dedurre ai fini Ires.

La decisione, dopo aver qualificato l’IMU come “onere fiscale” disciplinato dall’art. 99 del Tuir, poiché trattasi di tributo non commisurato al reddito né oggetto di rivalsa, ne ha affermato la piena deducibilità (100%) ai fini Ires, consideratane la natura di fattore produttivo indispensabile per l’imprenditore.

Inoltre, la Corte, estendendo il thema decidendi che l’ordinanza di rinvio aveva circoscritto all’indeducibilità dell’IMU dall’Ires, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 anche rispetto al reddito d’impresa ai fini Irpef, poiché l’art. 56 del Tuir rinvia la determinazione di quest’ultima categoria alle regole previste per l’Ires.

Infine, la sentenza rientra tra le pronunce di illegittimità “parziale”, di natura “interpretativa”, poiché dichiara incostituzionale l’art. 14 nella parte in cui prevede il descritto contenuto normativo.

Quali effetti conseguono dalla decisione?

La risposta si trae dalla disciplina del giudizio “incidentale” di legittimità costituzionale, nel quale la Corte Costituzionale ha il compito di decidere osservando il thema decidendi e il petitum risultanti dall’ordinanza di rinvio. Inoltre, l’effetto tipico delle sentenze di accoglimento è previsto dall’art. 136 Cost., a mente del quale: “la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. In altre parole, a seguito della pronuncia la norma incostituzionale è cancellata dall’ordinamento giuridico, con effetti erga omnes

Sotto il profilo temporale, ai sensi del combinato disposto dell’art. 136 Cost. con l’art. 30 della L. n. 87/1953, le sentenze di accoglimento sono efficaci dal giorno successivo alla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 

Inoltre, cessano gli effetti prodotti dalla norma durante la sua vigenza, considerata la portata retroattiva della sentenza di accoglimento, con il solo limite dei rapporti “esauriti”, vale a dire quelli definitivamente risolti a livello giudiziario, e quindi coperti da “giudicato”, o che non sono comunque più azionabili, e quindi diritti prescritti, poteri preclusi per decadenza, ecc. Unica eccezione è quella prevista dall’art. 30, co. 3 della L. n. 87/1953 quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale era stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna; in questo caso cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali.

Dalla motivazione della sentenza, è agevole cogliere la limitazione dell’illegittimità costituzionale dell’art. 14 cit. alle imposte sul reddito d’impresa dell’anno 2012.

Al contrario, per gli anni dal 2013 al 2021, la sentenza conferma la parziale deducibilità dell’Imu dall’Ires e dall’Irpef, nella misura del 30% per il 2013, 20% dal 2014 al 2018, del 50% per il 2019, del 60% per il 2020 e 2021. 

Non cambia niente per l’Irap, rispetto alla quale l’Imu resta indeducibile

Tanto chiarito, la sentenza non può essere salutata favorevolmente dal mondo delle partite Iva, rispetto alle quali si impongono alcune riflessioni.

In primo luogo, la statuizione risulta applicabile soltanto a favore dei possessori di reddito d’impresa che avevano già presentato l’istanza di RIMBORSO entro 48 mesi dal versamento delle Imposte sui redditi del 2012, e rispetto ai quali non si è formato un giudicato (anche interno) nel processo coltivato da costoro contro il diniego di rimborso, oppure avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha recuperato lo scomputo dell’onere discusso.

Sorgono, invece, dubbi sull’estensione dell’illegittimità costituzionale a favore del reddito di “lavoro autonomo”, quale categoria ignorata dalla sentenza in oggetto, benchè anche in relazione all’IMU sugli immobili strumentali (ovvero quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio professionale) la Corte avrebbe potuto replicare i principi indicati per il reddito d’impresa in ambito Irpef. 


Sotto questo profilo, la Corte ha rigidamente applicato l’art. 27 della L. n. 87/1953, perchè, dopo aver accolto la questione di costituzionalità, ha individuato la norma incostituzionale nei limiti dell’ordinanza di rinvio della CTP Milano. 

In realtà, nella motivazione la Corte poteva analizzare la questione della deducibilità dell’Imu dal reddito di lavoro autonomo, evocando l’art. 54 del Tuir (ovvero la disposizione regolante la determinazione del reddito di lavoro autonomo) per concludere nel senso dell’incostituzionalità dell’art. 14 del D.Lgs. n. 23/2011.

A tal proposito, si rammenta che nel giudizio incidentale la Corte Costituzionale può ampliare il thema decidendi, purchè resti ferma la norma censurata e il parametro costituzionale di raffronto. L’applicazione concreta di ciò è ben spiegata, tra le tante, nella sentenza n. 330/2007 laddove la Corte ha affermato: “la pronuncia di illegittimità costituzionale va mantenuta nei limiti del petitum. Nell’ambito di questa materia, tuttavia, le indicate ragioni di illegittimità valgono anche per … di qui la necessità di estendere consequenzialmente la dichiarazione di incostituzionalità anche a tale parte della disposizione, ai sensi dell’art. 27 della L. n. 87/1953”.

Ne discende che rispetto al reddito di lavoro autonomo sono prospettabili due soluzioni per rimediare all’evidenziata lacuna.

Dinanzi alla Corte Costituzionale deve essere sollevata (d’ufficio o su iniziativa del contribuente) la questione di legittimità in modo analogo a quanto in precedenza compiuto dalla CTP Milano, ma stavolta con riferimento alla categoria del reddito di lavoro autonomo.

In alternativa, sempre nel corso di un giudizio tributario pendente, nel quale si discetta della deducibilità dal reddito di lavoro autonomo dell’IMU pagata per l’anno 2012 in relazione ai beni strumentali per l’attività professionale, i Giudici potrebbero applicare il citato art. 14 del D.Lgs. n. 23/2011 in senso conforme ai principi costituzionali, e quindi replicando quanto espresso nella sentenza n. 262/2020, posto che una legge è dichiarata incostituzionale quando è impossibile fornirne un’interpretazione aderente alla Costituzione.

Insomma, è l’ennesima occasione sprecata dal legislatore, e forse anche dalla Corte Costituzionale, per fare chiarezza sul descritto tema e semplificare la vita degli operatori economici.

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