Rilevanza reddituale delle sponsorizzazioni sportive in caso di fatture false.
Una società operante nel settore della tipografia industriale sosteneva spese pubblicitarie a favore di un’associazione sportiva dilettantistica. I costi venivano integralmente dedotti ai fini tributari.
L’Agenzia delle Entrate contestava la deduzione per indeducibilità dei servizi pubblicitari, siccome documentati con fatture emesse a fronte di operazioni “oggettivamente inesistenti”.
La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo, che lo rigettava sulla base di documenti prodotti in sede processuale dall’Agenzia soltanto su richiesta dello stesso Giudice, il quale, mediante apposita ordinanza, rappresentava l’insufficienza probatoria emergente dall’accertamento.
L’appello della società veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, che, dopo aver stigmatizzato l’operato del Giudice di primo grado, accertava l’illegittimità della pretesa tributaria per le seguenti ragioni:
CTR Firenze n. 2131/4/2017
“Le eccezioni proposte in ordine all’acquisizione di documentazione non prodotta come per obbligo dall’Agenzia delle Entrate ma soltanto a seguito di impulso operato dalla CTP Arezzo con apposita ordinanza avrebbe di fatto violato la norma processuale di cui all’art. 7, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 546/1992 circa i limitati poteri istruttori del Giudice Tributario, nonchè violando, di conseguenza, la parità delle parti, il principio della domanda e del giusto processo colmando le deficitarie attività ed allegazione di idonea documentazione da parte dell’Ufficio peraltro reso in maniera tardiva ed in violazione dei termini perentori di cui all’art. 32, co 1 del D.Lgs. n. 546/1992”.
“Sempre la società appellante rileva come nello stesso pvc emesso a carico dell’associazione sportiva, nelle dichiarazioni rese dai diversi testimoni non vi sarebbe alcun cenno alla società appellante né ai servizi pubblicitari regolarmente acquistati dalla stessa ovvero ad ipotesi di retrocessioni di relativi corrispettivi rispetto alle fatture regolarmente ricevute e regolarmente onorate attraverso pagamenti effettuati in maniera assolutamente tracciabile.
La questione si pone con esclusivo riferimento a queste paventate “retrocessioni” in danaro che sarebbero state effettuate dall’associazione sportiva a favore della società appellante il tutto assunto dalle dichiarazioni rese dall’amministratore dell’associazione sportiva e che quindi rappresenterebbe l’unico elemento che l’Ufficio adduce a dimostrazione della presunta inesistenza dell’operazione, oltre al fatto che tale circostanza risulterebbe esclusivamente da un accertamento operato a carico della società di calcio cui sarebbe completamente esclusa l’attuale appellante afferente ad un pvc della Guardia di Finanza mai notificato alla società appellante. Quindi si tratterebbe di un mero rinvio esterno voluti dal e consacrati dal primo Giudice solo in sede contenziosa e giammai portati a conoscenza se non con l’atipica ordinanza n. 344/05/2014 giustamente contestata dalla società appellante.
Il tutto sembra quindi e ridursi alle dichiarazioni di un terzo per cui si pone il problema dell’utilizzazione delle dichiarazioni rese da terzi nel processo tributario senza il riscontro di una tangibile prova rese a dimostrazione delle affermazioni rese. Tali dichiarazioni possono avere valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 cc, danno luogo a presunzioni. Sull’argomento oggetto di commenti nel corso degli anni, si sono susseguite varie sentenze della Corte di Cassazione tutte volte ad attribuire tanto alle dichiarazioni portate in giudizio dall’Agenzia delle Entrate, quanto quelle portate dal contribuente, il valore di meri indizi “inidonei” da soli a costituire prova dei fatti rappresentati, ma in grado di concorrere, con altri elementi a fondare il convincimento del Giudice.
Al riguardo e per il caso che occupa non è stata fornita alcuna prova circa l’avvenuta retrocessione materiale degli importi denunciati dall’Ufficio mentre assumono connotazione ad escludendum quanto reputato dagli stessi verificatori che avrebbero “escluso” siffatta situazione per gli anni dal 2005 al 2008 ritenendo il caso accertato solo per l’anno 2007. Se tale fosse stato il comportamento assunto dalla società appellante avrebbe dovuto trovare riscontro anche negli altri anni ove si volesse far credere che tale comportamento era da considerarsi come una prassi costante nei rapporti de quibus. Ma dalle indagini esperite trovano conferma solo le fatture emesse ed i relativi pagamenti effettuati e tracciabili a totale soddisfo dei documenti fiscali per cui le detrazioni operate dalla società ai fini Iva devono ritenersi corrette e coerenti.
La realtà descritta depone a favore delle prove fornite dall’appellante mentre l’Agenzia non ha provato quanto era di suo specifico onere stante la peculiarità delle motivazioni offerte dalla contribuente che meritavano migliori e più approfonditi riscontri”.
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