Giudicato “esterno” nelle frodi carosello contestate per più periodi d’imposta.
Una società acquistava e deduceva per gli anni dal 2010 al 2014 i beni documentati con fatture che l’Agenzia delle Entrate reputava emesse a fronte di operazioni “soggettivamente inesistenti”.
Con più avvisi di accertamento, a valere su molteplici periodo d’imposta, veniva recuperata l’Iva detratta sugli acquisti contestati.
Gli accertamenti degli anni 2013 e 2014, notificati successivamente a quelli dei precedenti periodi (2010-2011-2012), venivano impugnati dalla società e nelle more del giudizio interveniva il giudicato (esterno) con cui erano annullati i recuperi dei periodi 2010-2011-2012.
A fronte di ciò, nel giudizio riguardante gli anni 2013/2014, la società chiedeva l’accoglimento del ricorso anche in forza del giudicato “esterno” maturato nei periodi precedenti, quale circostanza che, incidendo negativamente sull’onere probatorio gravante in capo all’Agenzia, determinava la caducazione della pretesa tributaria avanzata per i periodi ancora sub iudice (2013/2014). Infatti, tutte le controversie presentavano punti fondamentali comuni, tra cui l’identità di parti, del petitum e della causa petendi.
In specie, la società faceva leva sulla circostanza che tra le diverse annualità sussisteva identità e continuità degli elementi fattuali, oltrechè dei rilievi impiegati dall’Agenzia per formulare i recuperi, vale a dire: per tutti i periodi accertati (dal 2010 al 2014) era recuperata l’Iva sulle vendite operate dal medesimo fornitore, rispetto alle quali l’Agenzia aveva formulato le “stesse contestazioni” e la società acquirente aveva articolato le “medesime difese”. Cosicché, la stabilizzazione del rapporto con il Fisco a seguito della res iudicata si rivelava idonea a conferire “definitività” sulla questione fattuale controversa; e ciò precludeva la possibilità per chiunque di rimetterla in discussione. Inoltre, come già affermato dal “diritto vivente”, la società affermava che l’efficacia del “giudicato” non trovava ostacolo nel principio di autonomia dei periodi d’imposta.
Sulla questione si opponeva l’Agenzia delle Entrate affermando l’effetto non vincolante del giudicato esterno, in quanto trattavasi di accertamenti in materia di Iva, e comunque i fatti contestati erano mutati nei vari periodi. In particolare, l’Agenzia affermava che l’inapplicabilità del giudicato derivava dal diritto unionale, a mente del quale nelle cause riguardanti i tributi armonizzati (qual è l’Iva) la norma interna dettata dall’art. 2909 cc non impediva al Giudice nazionale di valutare (senza limiti) la controversia diversamente da un precedente giudicato esterno, altrimenti risultavano vanificate le norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate ai tributi armonizzati.
A conclusione del giudizio di primo grado, il ricorso della società è stato accolto con la seguente motivazione:
CTP Firenze 75/2/2022
“Deve essere evidenziato che nelle more del presente giudizio è intervenuto il provvedimento con cui la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la decisione della CTR Toscana in una causa tra le stesse parti ed avente lo stesso oggetto, relativa a diversa annualità di imposta (2010 e 2011). Nell’arresto in discorso i Supremi Giudici hanno evidenziato come gli elementi addotti dall’Ufficio non fossero sufficienti per fondare la consapevolezza in capo alla società acquirente di partecipare ad un meccanismo truffaldino. Orbene, deve essere evidenziato come anche nel presente procedimento gli elementi che l’Ufficio pone a sostegno della propria tesi sono i medesimi sui quali si è pronunciata la Corte di Cassazione, come sopra riportati e che non provi nulla di più di quanto offerto nell’altro giudizio, che – come si è visto – è stato ritenuto inidoneo dai giudici di legittimità a dimostrare la consapevolezza in capo alla odierna ricorrente del ciclo frodatorio”.
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