Cessioni a esportatori “abituali”: sanzione in materia di “lettere di intento”

Chi è il contribuente accertato

Una società operante nel settore delle calzature, che per vari anni aveva venduto a esportatori abituali applicando il regime di “non imponibilità” Iva (art. 8, co. 1, lett. c, del DPR n. 633/1972).

Cosa rischiava il contribuente

Pagare una “salatissima” sanzione di oltre Euro 1.000.000, prevista dall’ art. 7, co. 4-bis del D.Lgs. n. 471/1997, a fronte di un errore telematico consistente nell’omessa presentazione delle “lettere di intento” nei termini di legge.

La società rischiava di chiudere se la contestazione dell’Agenzia delle Entrate fosse stata confermata dai Giudici.

Nel caso concreto, il contribuente aveva realizzato delle cessioni non imponibili dopo la ricezione di lettere d’intento dell’acquirente, senza tuttavia trasmetterle al Fisco.

L’Agenzia, pur appurando la corretta effettuazione delle cessioni in sospensione Iva (regime di non imponibilità) e quindi l’assenza di evasione Iva, sanzionava la società per mancata trasmissione delle “lettere di intento” ricevute dall’acquirente (esportatore abituale).

Cosa il contribuente non sapeva (pillola tecnica)

La sanzione irrogata si riferiva a un adempimento telematico oggi abrogato.

All’epoca dei fatti risalenti dal 2009 al 2012, l’art. 7, co. 4-bis del D.Lgs. n. 471/1997 puniva con la sanzione dal 100% al 200% dell’Iva chi non trasmetteva telematicamente al Fisco, entro il 16 del mese successivo, le “lettere d’intento” ricevute dagli esportatori abituali.

A titolo esemplificativo, il cedente – dopo aver ricevuto in data 24.12.2008 le “lettere d’intento” – doveva inoltrarle al Fisco entro il 16.1.2009, anche se non effettuava l’esportazione.

Con successive norme (art. 20 del D.Lgs. n. 175/2014, l’art. 15 del D.Lgs. n. 158/2015 e l’art. 12-septies del DL n 34/2019) è stato abolito l’obbligo per i venditori di comunicare all’Agenzia le “lettere d’intento”, rimproverandoli soltanto per l’effettuazione di cessioni in sospensione Iva senza possedere le lettere d’intento.

Pertanto, la condotta adesso richiesta dal legislatore è diversa rispetto a quella originariamente prevista dall’art. 7, co. 4-bis, dato che le rammentate modifiche hanno spostato sull’acquirente (esportatore abituale) la condotta doverosa, oltrechè abrogato l’iniziale obbligo gravante sul cedente di trasmettere le lettere d’intento.

Ne consegue che oggi il fornitore è sanzionato solamente se, prima di emettere la fattura in sospensione Iva, non riscontra telematicamente la presentazione da parte dell’acquirente delle lettere d’intento. 

Come sono andate le cose

Il contribuente ha vinto in primo e in secondo grado, ottenendo l’azzeramento della sanzione.

La CTP Firenze e la CTR Firenze hanno annullato la sanzione, perché la società era stata rimproverata per aver omesso un adempimento oggi non previsto dall’ordinamento, dato che la fattispecie contestata – costituente il presupposto per l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 7, co. 4-bis non può più realizzarsi in quanto vertente su un elemento espunto dalla fattispecie risultante dalle norme sopravvenute.

Per cui, in ragione delle nuove disposizioni di legge succedutesi fino ad oggi, la condotta sanzionata dall’Agenzia – che prima integrava una violazione fiscale – attualmente non ha più possibilità di realizzarsi, in quanto la fattispecie legale riformulata è fondata su un parametro differente da quello originariamente rinvenibile nell’art. 7, co. 4-bis del D.Lgs. n. 471/1997. 

I Giudici hanno applicato il principio del favor rei, che anche in ambito tributario vieta l’assoggettamento a sanzioni per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce più violazione punibile; e ciò avviene sia quando la legge posteriore abolisce la sola sanzione lasciando intatta l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile, sia nell’ipotesi in cui elimina l’obbligo strumentale, e quindi indirettamente la previsione sanzionatoria.

Pertanto, a fronte della descritta evoluzione normativa, i Giudici hanno ritenuto assente il titolo per applicare la sanzione contestata al contribuente, in quanto l’Agenzia aveva rimproverato l’infrazione riferendosi a parametri normativi non più vigenti, poiché a seguito dello ius superveniens si è spezzato il collegamento tra la norma sanzionatoria e la condotta della società.

In definitiva, i Giudici tributari  hanno azzerato la sanzione perché, alla luce della descritta “novella”, l’adempimento omesso dal contribuente è stato espunto dagli attuali parametri normativi.

Di seguito è riportata la motivazione delle due sentenze favorevoli al contribuente:

CTP Firenze n. 314/4/2017

“Si osserva comunque che la sopravvenuta diversa disciplina che regola la materia della comunicazione dei dati delle dichiarazioni d’intento ha valenza retroattiva in ossequio al principio del “favor rei”, come previsto in tema di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie dall’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, quale corollario del principio di legalità. Di conseguenza il regime delle sanzioni segue la regolamentazione della sopravvenuta normativa più favorevole, legittima e non censurabile, appare la correlativa sanzione”.

CTR Firenze n. 55/8/2021

“La congerie di norme succedutesi nel tempo e analiticamente descritte negli atti dalle parti dà conto della peculiarità della questione sottoposta all’esame di questa Commissione che condivide, invero, quanto affermato dai primi Giudici a proposito della esistenza delle dichiarazioni d’intento e della loro intempestiva comunicazione dalla quale, peraltro, occorre aggiungere e sottolineare, non è derivato alcun danno all’Erario. In più nella specie, le cessioni effettuate all’esportatore abituale sono intervenute in epoca successiva al ricevimento della dichiarazione d’intento per cui appare inapplicabile la sanzione irrogata. Si può ragionevolmente ritenere pienamente applicabile alla fattispecie in esame il principio del favor rei, così come appare pienamente condivisibile l’affermazione dei primi Giudici. Nel caso concreto, inoltre, è pacifico che le lettere di intento esistono, siano state prodotto, seppure in ritardo, e sono precedenti all’operazione intercorsa con l’esportatore abituale, senza nessuna sostanziale violazione e senza alcun noncumento per l’Erario”.

Per completezza, si segnala che in altri casi giudiziari simili a quello sopra descritto altri contribuenti clienti hanno ottenuto l’annullamento giudiziario della sanzione. Qui di seguito sono trascritte le motivazioni:

CTP Firenze n. 129/11/2013

“La ricorrente ha subito una sanzione ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. n. 471/97 in materia di comunicazione telematica delle dichiarazioni di intento. Fondata è la difesa della ricorrente relativa alla sopravvenienza di diversa disciplina regolante la materia di cui è causa, con valenza retroattiva in ossequio al principio del favor rei. Il regime delle sanzioni segue, di conseguenza, la regolamentazione della condotta tipica sanzionata: essendo  quest’ultima, alla luce della sopravvenienza  normativa più favorevole, legittima e non censurabile, inapplicabile appare la correlativa sanzione”.

CTR Firenze n. 42/8/2016

“In pendenza del rapporto tributario, è ulteriormente sopravvenuto il D.Lgs. 175/2014 che ha definitivamente soppresso l’obbligo trasmissione della dichiarazione a carico dei venditori.

Del resto è proprio la fattispecie che lo stesso Ufficio correttamente individua allorquando sostiene che un obbligo tributario può considerarsi soppresso quando il medesimo obbligo sia stato del tutto eliminato o sostituito con altri obblighi differenti per contenuto e finalità, e tale condizione pare essersi realizzata per i motivi sopra esposti”.

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